Cacciatore fucila segugio femmina ferito: segnalato in Procura dalle guardie zoofile
Ancora una una brutta storia viene a galla nel mondo della caccia: un appassionato ha ucciso con una fucilata la cagnetta che lo accompagnava nelle sue uscite. E’ accaduto la scorso fine settimana nella zona del Biron a Costabissara, mentre una squadra di cacciatori si trovava in campagna con i cani per “allenarli”.
Uno di questi, una piccola di segugio italiano, si è allontanata finendo in strada: l’impatto con un’automobile in transito è stato inevitabile. Il proprietario dell’animale, secondo quanto ricostruito dalla guardie zoologice Enpa, non se ne sarebbe accorto subito, così come non si sarebbe fermato l’automobilista che l’ha investita.
Tosca, questo il suo nome, non aveva però riportato danni irreparabili: si era fratturata un femore e quindi il danno sarebbe stato recuperabile con un intervento veterinario di ortopedia, che naturalmente ha però dei costi e dei tempi di recupero lunghi.
Consapevole della fine che rischiava di fare la segugia, una persona molto vicina al soggetto, consapevole dei suoi metodi “sbrigativi” e del rischio che correva l’esemplare, ha deciso di segnalare la situazione alle guardie zoofile di Vicenza intorno la mattina del giorno successivo.
In breve (erano le 10,30 quando è scattato l’allarme) le guardie hanno messo insieme una squadra e si sono recate a casa dell’uomo, nella speranza che l’uomo non avesse già preso provvedimenti definitivi verso la cagnetta. Alle tredici circa le due guardie erano davanti al cacciatore che non ha saputo dare spiegazioni sulla mancanza della cagnolina, e sotto la pressione delle domande a cui è stato sottoposto, è crollato firmando la sua confessione completa.
L’uomo avrebbe quindi ammesso di aver ucciso Tosca sparandole un colpo alla testa alle cinque della stessa mattina, usando il suo fucile calibro 12.
Oggi le guardie zoofile hanno per questo inoltrata alla Procura della Repubblica una comunicazione di reato in carico al cacciatore (personaggio conosciuto e di lungo corso), per uccisione di animale, per il quale il Codice Penale prevede la reclusione da quattro mesi a due anni.
«Quello dell’abbattimento dei segugi usati per la caccia – spiega l’ispettore Enpa Renzo Rizzi – è un fenomeno a livelli altissimi. I nostri dati segnalano che questi soggetti ne eliminano a fucilate ben oltre il trenta per cento, spesso perché oramai vecchietti e non più in grado di fare il loro dovere durante le battute di caccia».
«I segugi son usati quasi esclusivamente per l’attività venatoria – spiega ancora Rizzi – ed è fra quelle a subire i peggiori maltrattamenti. Vengono richiusi in minuscoli recinti da dove non escono per dieci mesi l’anno, spesso vengono portati lontano dal proprietario perché ingombranti, eccetto che per i due mesi di caccia dove finalmente possono fare quattro corse disperate. Ma il tributo più grave lo versano i giovani segugi: nessun cacciatore mette mai il microchip al cane se non l’ha provato almeno per tre quattro mesi e se non è buono per la caccia molto spesso gli viene somministrata una razione di piombo e si ricomincia. A supporto di questo abbiamo uno schedario nutrito che dimostra il ricambio continuo di questi animali».
Rizzi ricorda poi un caso accaduto a Lusiana nel luglio di tre anni fa: a un cacciatore che deteneva 15 segugi ne sono morti ben sette, la metà. «In questi casi in quell’ambiente ci si esprime con termini del tipo “cambio di batteria”. Spiace constatare che buona parte dei veterinari, che ricordo hanno prestato giuramento, sia a perfetta conoscenza di questa situazione, ma si comporti come la cosa non li riguardasse, non intervenendo con segnalazioni sulle gravi anomalie riscontrate, permettendo di fatto il perpetrarsi di reati e questa inaudita scia di morte».