Crisi tra Ucraina e Russia, aziende vicentine in apprensione. L’export vale 450 milioni di euro
Una crisi aperta da mesi ma che nelle ultime settimane sta degenerando rapidamente. Ucraina e Russia sono oramai ai ferri corti e Vladimir Putin sembra intenzionato a proseguire con la linea dura. Tutto ciò, oltre che preoccupare l’Europa, potrebbe incidere negativamente sulle aziende vicentine, che in questi due mercati, esportano ogni anno prodotti per 450 milioni di euro. A fronte di circa 70 milioni di materiale importato il valore commerciale che le imprese di Vicenza vendono nei due territori si attesta a 380 milioni.
Questo dato riguarda i prodotti finiti e venduti a clienti russi e ucraini, ma dietro le quinte c’è un indotto che vale molto di più. Basti pensare che la manifattura vicentina produce e vende beni in tutta Europa e dopo essere stati lavorati vengono commercializzati dai clienti internazionali proprio in Russia e Ucraina. Dunque pensare oggi ad un conflitto bellico significa rischiare di perdere posti di lavoro e che le aziende non riescano a superare l’ennesimo colpo dopo gli anni già difficili vissuti a causa della pandemia, oltre naturalmente al dramma sociale che colpirebbe i due Paesi. In tutto questo la comunità internazionale vigila con molta timidezza sull’evoluzione degli eventi anche a causa di poco interesse dal punto di vista delle opportunità.
ENERGIA- Da capire anche la questione energetica, già in profonda crisi oggi, visto che l’Italia consuma quasi la metà del gas esportato in tutta Europa, rendendoci uno dei paesi con l’autosufficienza energetica più bassa al Mondo. Se si dovesse bloccare questa fonte imprese, famiglie e pubblica amministrazione rischierebbero l’ennesimo salasso economico rendendoci così vulnerabili e ricattabili. Il gas russo è un bene di cui non ci possiamo assolutamente privare e va fatta ogni azione affinché non vengano bloccate le forniture.
Sul tema interviene il Presidente di Confindustria Vicenza, Laura dalla Vecchia, che commenta: “Stiamo pagando caramente gli errori di decenni di politiche energetiche guidate dall’ignoranza ed è per questo che siamo ricattabili. Ma ora dobbiamo limitare i danni, il gas russo ci serve, non deve essere bloccato. Il nucleare è diventato terreno di scontro ideologico, le risorse che abbiamo nell’Adriatico sono state stoppate dalla politica,
sul gas hanno una confusione imbarazzante. La gravità della situazione dimostra ancora una volta l’inadeguatezza della nostra politica che, peraltro, si riflette spesso anche a livello
locale”.