Detenuto provoca un incendio: tensione e sette agenti intossicati in carcere a Vicenza
Atimo di tensione nel primo pomeriggio nella casa circondariale di Vicenza: un detenuto ha provocato un incendio, costringendo all’evacuazione alcuni reparti, mentre sette agenti penitenziari sono dovuti ricorrere a cure mediche per intossicazione da fumo.
A renderlo noto è la segreteria interregionale del sindacato Uspp del Triveneto, attraverso il segretario nazionale Leonardo Angiulli.
Tutto è accaduto intorno alle 14 di oggi, 14 febbraio, quando un detenuto di difficile adattamento ha provocato un incendio all’interno della propria cella: ci sono stati momento di alta tensione, in quanto alcuni reparti sono stati evacuati per evitare che altri detenuti fossero intossicati dai fumi. Sono rimasti feriti sette agenti della polizia penitenziaria, trasferiti in ospedale a Vicenza: secondo quanto riferisce il sindacato alcuni agenti avrebbero perso conoscenza a causa dell’inalazioni dei fumi.
L’uomo, ristretto in uno dei reparti detentivi di regime chiuso, era già noto, sempre secondo la nota dell’Uspp, per innumerevoli reati e danni ai beni dello Stato consumati all’interno dei penitenziari e solo grazie all’intervento degli agenti si è evitato il peggio: le notizie sono frammentarie ma per far fronte all’emergenza sarebbe stato richiamato in servizio il personale a riposo per garantire l’ordine e la sicurezza dell’istituto penitenziario. “Parrebbe che anche – prosegue la nota sindacale – chi ha causato l’incendio sia stato trasferito in ospedale per accertamenti, sommando alla criticità di cui sopra altra criticità dovuta al trasferimento in luogo esterno di cura non programmato”.
“Il personale – conclude la nota – è al limite delle forze, i turni sono massacranti e la presenza di detenuti di difficile adattamento generano un malessere di stress del lavoro correlato che inevitabilmente il personale porta nell’ambiente familiare. È ora di dire basta alle aggressioni, facciamo appello elle istituzioni alla politica per salvaguardare il
diritto dei lavoratori, nel rispetto delle regole dei lavoratori conformi agli accordi vigenti del
contratto collettivo dei lavoratori salvaguardia dei diritti soggettivi e di sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Le carceri italiane soffrono infatti di grandi problemi di sovraffollamento, dovuti all’aumento dei reati, all’inasprimento delle pene, la lunghezza dei processi e la carenza nell’utilizzo di misure alternative al carcere, che insieme ai progetti di inserimento lavorativo garantirebbero un abbattimento del rischio di recidiva.
“C’è una crescita estremamente rapida del sovraffollamento penitenziario” aveva spiegato poche settimane fa Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, nel presentare un breve report della situazione delle carceri italiane a fine 2023. “Oggii detenuti sono 60 mila, oltre 10 mila in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità. Nel trimestre precedente di 1.198. In quello ancora prima di 911. Nel corso del 2022 raramente si è registrata una crescita superiore alle 400 unità a trimestre. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”.