Diocesi in Cammino di Pace, fra testimonianze da Gaza e l’impegno a “disarmare il cuore”
Dopo l’apertura dell’Anno Santo in Diocesi lo scorso 29 dicembre in cattedrale a Vicenza, il 2025 per la Chiesa berica si è aperto come ogni anno con il Cammino di pace, il sedicesimo per la precisione. La partenza è stata alle 14,45 dalla chiesa di san Rocco, poi il pellegrinaggio per le vie della città si è concluso in Cattedrale con alcune testimonianze da zone attualmente in guerra e la riflessione del Vescovo Giuliano, che alle ore 18 a Monte Berico ha quindi presieduto la Santa Messa nella solennità della Divina Maternità di Maria col canto di invocazione dello Spirito Santo “Veni Creator” all’inizio del 2025.
La testimonianza da Gaza
Significative e toccanti le testimonianze portate durante il pellegrinaggio di oggi. Fra queste, il messaggio dalla Palestina Stefania Rigotto, 41 anni, di Montecchio Maggiore, da un anno impegnata per la United Nations relief and works agency for palestine refugees in the near east (Unrwa), l’agenzia delle Nazioni unite che si occupa dei rifugiati palestinesi. “La sofferenza e la disperazione a Gaza – ha affermato – hanno raggiunto livelli inimmaginabili e indescrivibili. Oltre alla distruzione totale di case, scuole, ospedali, di ogni infrastruttura necessaria per la vita umana, la popolazione di Gaza soffre ogni giorno la perdita di familiari, parenti, amici, colleghi uccisi dai bombardamenti quotidiani. La popolazione soffre la fame, il freddo, la mancanza di acqua, di un rifugio sicuro, di beni di prima necessità inclusi vestiti e coperte”.
“Nelle ultime due settimane – prosegue Rigotto – cinque neonati sono morti per il freddo. La gente è allo stremo, schiacciata dall’umiliazione di non sentirsi più esseri umani, dalla mancanza di dignità essendo costretti a vivere in condizioni disumane, dalla paura e dalla mancanza di speranza per il futuro. La popolazione di Gaza ha bisogno di una pace finale e duratura. Le armi debbono tacere per sempre in questa terra martoriata. La giustizia, il rispetto reciproco dei diritti umani, dell’identità e delle religioni, la coesistenza pacifica devono prevalere. Continuiamo a pregare e a mobilitarci per esigere il cessate il fuoco adesso, il ritorno degli ostaggi alle proprie famiglie, lo stop alla produzione e vendita di armi, l’entrata di aiuti umanitari per la sopravvivenza della popolazione di Gaza e la ricostruzione”.
Suor Lara Hijazin dalla Giordania
Suor Lara Hijazin, delle suore maestre di santa Dorotea figlie dei sacri cuori, giordana, in comunità ad Hamman, ha vissuto dal 2003 al 2021 a Betlemme, ha sottolineato come l’inasprirsi della situazione a Betlemme abbia portato alla mancanza di libertà, di movimento e di lavoro per molti. Nonostante questo, le famiglie sono comunque tornate ed i bambini della loro scuola “Effetà Paolo VI” di Betlemme continuano ad andare a lezione – sono 190 – e tutta la popolazione continua ad esprimere la voglia di vivere. “Stare con loro, sia a Betlemme sia in Siria dove abbiamo altre sorelle, è già un motivo forte per testimoniare che c’è un futuro migliore che arriverà. Certamente”, ha concluso suor Lara.
“Disarmare il cuore”
ll vescovo Giuliano Brugnotto nel suo intervento ha richiamato un messaggio ricevuto in questi giorni di auguri che lo ha molto scosso. Per questo ha chiesto a tutti i presenti di alzarsi per fare un momento di silenzio in memoria dei bambini morti a Gaza, così da ricordare il dolore dei loro genitori e dei loro parenti. Ha quindi ricordato come Papa Francesco indichi a tutti la via del “disarmo del cuore” attraverso piccoli-grandi gesti che possono avvicinare alla meta della pace “e vi arriveremo più in fretta, quanto più, lungo il cammino accanto ai fratelli e sorelle ritrovati, ci scopriremo già cambiati rispetto a come eravamo partiti. Infatti, la pace non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli rispetto a quanto avremmo immaginato” ha concluso il vescovo Giuliano.