Addio all’Alpino centenario Gino, Emerito dei Combattenti e Reduci: “La guerra è una sconfitta per l’umanità”
Il Vicentino, il Veneto e l’Italia intera perdono uno dei suoi ultimi lucidi testimoni della Seconda Guerra Mondiale. Il soldato Alpino Gino Gheller, nei giorni scorsi, è infatti andato avanti, salendo la cima più alta alla veneranda età di 100 anni. Compiuti da poco, da poco più di un mese, lo scorso 31 marzo. Altopianese di nascita della classe 1922, Gino era stato inviato al fronte da ragazzo, ad appena 19 anni, da combattente d’artiglieria di montagna nella Divisione Julia nelle fila dell’Esercito italiano. Era sopravvissuto ad un incubo reale vissuto in prima persona, tornando in Veneto dal fronte dei Balcani, a piedi nel mezzo dell’inverno dopo l’armistizio, insieme ai compagni di brigata, alcuni dei quali caduti nel viaggio disperato di ritorno verso casa, uccisi dai tedeschi e dalle truppe jugoslave di Tito. Una volta rientrato, decise di arruolarsi subito nelle milizie partigiane, nella Brigata Loris.
Fino alla soglia dei cento anni è stato presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Guerra, di cui da qualche mese ricopriva l’incarico ad honorem, come tributo alla sua lunga militanza. Nativo di Foza, ha vissuto a lungo a Dueville, suo paese d’adozione. Per poi girare il mondo nel suo impiego come tecnico motorista, rientrando sempre però nella terra delle sue radici. Oggi alle 15 l’occasione per tributare a Gino Gheller il saluto terreno: la cerimonia di addio si terrà nella chiesa di Santa Maria e Santa Fosca, nel cuore della cittadina dove il centenario ha costruito la sua famiglia, lasciando la figlia Gabriella che domenica è sbarcata in Italia dagli Stati Uniti, dove vive, per accompagnare l’amato papà nell’ultimo tratto di cammino.
Tra le decine di riconoscimenti al valore ricevuti in svariati ambiti legati alla sua drammatica esperienza di soldato, da ricordare che Gino Gheller è stato insignito anche dell’onorificenza dell’Ordine al Merito di Cavaliere della Repubblica Italiana, di cui andava orgoglioso. Al pari della Croce al Merito di Guerra. Proprio in occasione delle cento candeline festeggiate a Dueville, dove viveva solo con l’assistenza di una badante, si è tenuta una festa in suo onore, con la santa messa celebrata in casa sua e con la figlia collegata dall’America. Poi, nelle settimane successive, l’Alpino aveva superato anche il contagio da Covid, da quanto noto senza patirne delle conseguenze.
Un repentino peggioramento delle sue condizioni di salute, invece, risale solo al finire della scorsa settimana, fino al ricovero all’ospedale San Bortolo di Vicenza dove sabato mattina il pensionato vicentino è serenamente spirato. Sempre lucido fino ai 100 anni e oltre, lascia un immenso vuoto nella comunità di Dueville, di cui era un decano, dove in tanti erano da decenni ormai abituati a vedere e salutare con rispetto la figura onnipresente di Gino in più occasioni pubbliche e celebrazioni, in virtù dei suoi incarichi rappresentativi e sua giovialità e predisposizione alla battuta. Di recente l’elezione a Presidente Nazionale Emerito dell’Ancr e anche a Foza, suo paese natale, un riconoscimento in suo omaggio con l’attribuzione della cittadinanza onoraria.
Messaggi di partecipazione al lutto e di stima stanno raggiungendo Dueville da tutta Italia, ed è attesa oggi molta gente al rito di commiato dedicato a Gino, la cui salma poi sarà cremata prima dell’eterno riposo. A ricordarlo, oltre alle tante sigle delle sezioni dell’Ana e di altre associazioni nazionali, è Giusy Armiletti, sindaco di Dueville. “Mi legava a lui un profondo rapporto di amicizia, affetto e rispetto. Lo conoscevo dal 2004 e da quando sono diventata sindaco questo nostro legame si è consolidato, e non solo in occasione di eventi ufficiali ma anche nel corso di telefonate per segnalarmi qualcosa da sistemare, da bravo cittadino, o per un cordiale saluto”. Per tutta la vita Gino ha trasmesso valori legati alla pace e alla solidarietà e alla memoria dei Caduti, nel corso di più eventi in cui veniva chiamato a testimoniare quanto i suoi occhi e il suo cuore aveva dovuto sopportare negli anni di gioventù.
Sue queste parole in un’intervista recente. “Odio anche la semplice parola guerra: non si dovrebbero spendere miliardi di euro per finanziare armamenti, l’uccisione di tantissime persone o la conquista di un pezzo di terra. Non riesco neanche a guardare i telegiornali e assistere a quanto sta accadendo nell’Est Europa. Provo dolore perché è una sconfitta per tutti, una sconfitta dell’umanità. Significa che abbiamo investito male tempo e risorse”.