Pietro stavolta ha “toccato” il cielo: addio all’alpinista fruttivendolo che raggiunse l’Himalaya
Se ne è andato idealmente con zaino in spalla, pieno di ricordi e di imprese, un cultore della montagna tra i più genuini, Pietro Valente. Conosciuto un po’ da tutti in paese, che fosse per la sua storica attività famiglia nel punto vendita di frutta e verdura portata avanti con passione per decenni, oppure in virtù della sua fama di sportivo d’altri tempi e profondo conoscitore dei segreti delle montagne. Di tutto il mondo, non solo le Alpi “di casa”. Aveva 77 anni l’alpinista esperto ed instancabile con gli sci da fondo agli scarponi che partecipò all’impresa in Himalaya, e più precisamente alla scalata del monte Shivling in India. Uno dei componenti del gruppo di 14 temerari vicentini che a suo tempo furono riaccolti in patria quasi come eroi. Era il 1989, anni in cui il Gruppo Cai di Dueville diventava Sezione del Club Alpino Italiano, dopo che proprio Pietro Valente, 24 anni prima, con altri amici fu tra i fondatori dell’associazione e poi vicepresidente.
Da qualche tempo in pensione, Pietro non si è potuto godere come avrebbe voluto i monti e i paesaggi che tanto amava, nella fase della terza età. Circa quattro anni fa, infatti, un male subdolo lo aveva colpito, costringendolo a trascorrere in casa l’ultima scalata della sua vita, stavolta troppo verticale, rappresentata dalla malattia. Una vita però ricca di storie e di imprese e di fatica spesa bene, ma anche di obiettivi raggiunti ed emozioni forti provate in prima persona. Si è spento sabato scorso, con quella serenità infusa dalla fede cristiana che ha sempre contraddistinto la sua famiglia, salutando i propri cari e prendendo un “ascensore” verso quel cielo che oltre 30 anni prima quasi aveva toccato con un dito dai circa 6.500 metri del bianco Shivling, chiamato dai locali “Il Giardino dell’Himalaya”. Una vetta raggiunta insieme all’amico e compaesano Bruno Girardo, che oggi sfoglia le foto di quei giorni e lo ricorda con affetto.
“Abbiamo trascorso tanti anni insieme – ricorda Bruno, quasi un fratello a quei tempi -, e sempre insieme abbiamo vissuto quell’esperienza in Asia con altri alpinisti Cai di Vicenza e di Montecchio Maggiore, comandati dalla guida Giacomo Albiero. Partimmo proprio per festeggiare la Sezione neonata, era una missione che rappresentava qualcosa di formidabile per quei tempi, tornando tutti sani e salvi. Al nostro ritorno a Dueville hanno suonato le campane, i giornali hanno raccontato giorno per giorno la spedizione. Io e lui andavamo anche spesso ad arrampicare, la nostra è stata una bella amicizia. Pietro proveniva da una famiglia composta da veri sportivi della montagna, e si è appassionato allo sci di fondo in cui macinava un’infinità di chilometri. Era uno specialista dello stile libero, ed era bravo anche ad organizzare queste trasferte internazionali in tempi in cui non era affatto facile”.
Tutte le gare di sci di fondo storiche delle Alpi, dal Trentino alla Valle d’Aosta, ma anche in Austria, Norvegia e Finlandia, posti dove ritrovava volentieri amici che condividevano la stessa passione. Dolomitenlauf a Lienz, Vasaloppet, Marcialonga in Val di Fassa, Pustertaller di San Candido, Oberammengau in Germania, Marcia del Gran Paradiso a Cogne (Aosta), Hiito in Finalndia sono solo alcuni tra gli eventi “al freddo e al gelo” a cui ha partecipato come presenza fissa, a più edizioni quindi, conquistando e conservando nel cuore riconoscimenti preziosi come le sfilate tra gli atleti sotto la bandiera italiana prima delle gare più importanti. Racconti che hanno reso quello zio “sempre in volta” nei week end invernali il “mito” dei propri nipoti da bambini. Gli stessi che hanno accompagnato il feretro stamattina nel corso del funerale, insieme ai fratelli del compianto: Anna, Renato e Michele Valente, quest’ultimo presidente dei medici della provincia di Vicenza.
Uno di questi nipoti si chiama Alessandro, e qualche anno fa ha rilevato il suo negozio di via Dante, nel centro di Dueville, raccogliendo l’eredità di zio Pietro ma non solo. “Mio nonno è stato il primo fruttivendolo del paese, partito con un chiosco di legno davanti alla fabbrica Lanerossi, poi i miei zii hanno portato avanti l’attività divenuta una tradizione di famiglia fin dal Secondo Dopoguerra. Pietro per noi nipoti era uno zio fenomenale che tanto per dire si era lanciato con il parapendio, che aveva provato tra i primi il bungee jumping, che con gli scii di fondo percorreva centinaia di chilometri. Per non parlare della spedizione in Himalaya. Per chi non lo conosceva sembrava una persona burbera ma era il suo carattere riservato, in realtà tutti noi lo consideriamo un esempio di uomo che è stato capace di tirar fuori il meglio di sè sia sul piano del lavoro che in quello sportivo e così lo ricorderemo”.