Duplice omicidio dei coniugi Fioretto: in stato di arresto il presunto killer che sparò nel ’91
Si trova in carcere da stamattina uno dei due presunti – stando alle cronache di allora – esecutori materiali del duplice omicidio dell’avvocato Pierangelo Fioretto e della moglie Mafalda Begnozzi, consumato alle 20.30 circa del 25 febbraio 1991. Il suo nome, reso noto in Questura nel punto stampa, è Umberto Pietrolungo, un calabrese considerato dagli inquirenti legato a un clan ndranghetista. Oggi ha 58 anni, all’epoca era un 25enne. Fu una esecuzione in piena regola, avvenuta in contra’ Torretti a Vicenza, nel cuore della città berica, dove una coppia di giovani uomini (finora non identificati e quindi mai perseguiti) aveva atteso il rientro del civilista dal suo studio verso l’abitazione privata.
Il 59enne fu freddato a colpi di pistola, quattro per la precisione, di cui l’ultimo alla nuca, e la stessa sorte toccò alla moglie, che di anni ne aveva 52, probabilmente accorsa all’udire della raffica di spari dal cortile di casa e in quel frangente (l’unica?) testimone scomoda. Sul duplice delitto, le cui modalità seguono i “protocolli” di matrice mafiosa, si indagò a fondo e a lungo a più riprese senza mai sciogliere i nodi cruciali del movente e dei responsabili: mandanti e killer non furono mai individuati, nonostante gli indizi raccolti.
L’unica arma utilizzata per colpire a morte da distanza ravvicinata i due coniugi Fioretto fu ritrovata nei paraggi come si evince dagli articoli di cronaca nera dell’epoca. Così come dei guanti di lattice da chirurgo che 33 anni fa, stando alle tecnologie delle scientifica in uso ai tempi, non portarono a progressi risolutori nella caccia agli assassini. Gli investigatori incaricati passarono al setaccio le carte professionali dell’avvocato assassinato sotto casa, persona in vista in città, ipotizzando varie piste di ritorsione sfociata nel sangue.
Il legale vicentino, in particolare, si occupava di procedure fallimentari. Oggi, a distanza di 399 mesi trascorsi, forse si è arrivati alla verità o quantomeno a una porzione di questa, ai fini di portare il sigillo della giustizia, per quanto tardivo. Alla luce, di nuove strumentazioni tecnologiche entrate in dotazione nei decenni successivi, che hanno permesso di isolare il codice genetico (dna) di un soggetto – insieme ai guanti in lattice conservati in archivio risultava anche un guanto in pelle – oltre alle parziali impronte. Forse, qualcuno, è “entrato” nel frattempo da schedato nella banca dati informatica, fino a rivelare una corrispondenza.
Dalla Questura intanto si è reso noto stamattina l’arresto e la conduzione in carcere di un uomo da parte della Squadra Mobile e la notizia sarà quindi approfondita in una conferenza stampa nella tarda mattinata odierna. Qui cui si sveleranno ulteriori dettagli e gli sviluppi a sorpresa delle indagini, sul cold case di Vicenza, un caso irrisolto che ai tempi suscitò non poco clamore per l’efferatezza dell’assalto pluriomicida. Oltre a conoscere, finalmente e in via definitiva, l’identità del killer che uccise Pierangelo e Mafalda oltre 33 anni anni fa, e magari anche di chi commissionò il delitto.