Intercettati in carcere tre mini cellulari destinati a un detenuto ad “alta sicurezza”
Hanno tentato di introdurre tre micro telefoni cellulari in carcere a Vicenza, ma il personale della Polizia Penitenziaria ha intercettato e sequestrato il pacco sospetto, destinato a detenuti ad “Alta Sicurezza” ristretti nella casa circondariale San Pio X.
A darne notizia è uno dei sindacati presenti nella struttura, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria – Sappe – per voce del segretario Gigi Bono: “Ennesima brillante operazione messa a segno della Polizia Penitenziaria di Vicenza, che opera nell’azione di contrasto all’introduzione di telefonini cellulari nonché allo spaccio di sostanze stupefacenti nel penitenziario. Ieri sono stati intercettati tre microtelefoni cellulari, destinati a un detenuto ad “Alta Sicurezza”, abilmente occultati. Tutto è stato sequestrato e posto nella disponibilità dell’autorità giudiziaria. Questo ritrovamento di oggetti che possono senz’altro minare l’ordine e la sicurezza del carcere, oltre a favorire le dinamiche criminose nel penitenziario, inquieta non poco”.
Per il segretario nazionale Sappe per il Triveneto Giovanni Vona, “nonostante la previsione di reato prevista dal articolo 391 ter del Codice penale di recente emanazione per l’ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni, il fenomeno non sembra ancora attenuarsi. Torniamo a sollecitare urgenti soluzioni drastiche, come la schermatura delle sezioni detentive e degli spazi nei quali sono presenti detenuti all’uso dei telefoni cellulari e degli smartphone”.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, evidenzia come il rinvenimento a Vicenza “fa comprendere come l’attività di intelligence e di controllo del carcere da parte della polizia penitenziaria diviene fondamentale. Questo deve convincere sempre più sull’importanza da dedicare all’aggiornamento professionale dei poliziotti penitenziari, come ad esempio le attività finalizzate a prevenire i tentativi di introduzione di droga in carcere, proprio in materia di contrasto all’uso ed al commercio di stupefacenti. Ma penso anche – aggiunge – che la polizia penitenziaria debba disporre di un nucleo di poliziotti penitenziari specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che dissuasiva dei fenomeni di violazione degli spazi penitenziari o di introduzione di materiale illecito di qualsiasi natura: pensiamo cosa potrebbe accadere se un drone riuscisse a trasportare esplosivo o armi dentro a un carcere, come per altro è successo alcuni mesi fa in quello di Frosinone quando un detenuto prese in ostaggio il personale di polizia con una pistola giunta col drone.
Capece conclude ricordando che “la polizia penitenziaria, a Vicenza e nelle altre carceri d’Italia, è quotidianamente impegnata nell’attività di contrasto alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori. Il numero elevato di tossicodipendenti richiama l’interesse degli spacciatori che tentano di trasformare la detenzione in business”.