L’addio a Giacomo Gobbato tra sgomento e un appello: “Non diventi motivo d’odio”

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Continua incessante la processione per salutare e lasciare un ricordo in memoria di Giacomo Gobbato, il 26enne accoltellato a morte nella notte di venerdì nel tentativo di salvare l’amica da una rapina nella centralissima Corso del Popolo a Mestre.

Figlio di un noto imprenditore jesolano, Giacomo era conosciuto anche a Vicenza, dove lavorava da tempo in un frequentato studio di tatuaggi della città. Un ragazzo solare, amante della musica e dell’arte in genere, Giacomo era assiduo frequentatore e attivista del Centro Sociale Rivolta. Secondo quanto ricostruito, venerdì aveva partecipato ad una festa di compleanno ed è al termine di questa, nel riaccompagnare verso casa l’amica, che si consuma l’aggressione: il tentativo di rapina, da parte di un uomo di origine moldava, e Giacomo che cerca di sventarlo assieme ad un amico. Ma di mezzo c’è un coltello di troppo: la ferita all’addome gli risulterà mortale, mentre per l’altro ragazzo le lesioni non sono letali. Il malvivente fugge, compie un’altra rapina e solo a quel punto viene stanato dalla polizia.

Comprensibile il cordoglio e lo sgomento, con amici e compagni del giovane tatuatore a predicare però calma e parole tese a stemperare toni di violenza e di odio razziale, così come anche Giacomo avrebbe voluto: “Ha sbagliato uno, un singolo. Va punito lui e non un colore di pelle o un popolo intero”, il concetto ripetuto come un mantra anche via social. Concetti ripresi in lungo e accorato post anche da Luca Casarini, attivista di lunga data: “Ti battevi perché la sicurezza fosse una forma di vita solidale tra le persone, e non uno stato di polizia. E l’hai fatto, l’avete praticata questa forma di vita. Lottavi per gli ultimi – queste le parole dell’esponente di sinistra – e hai saputo riconoscere chi era ultimo in quel momento, perché non contano i cliché e le ideologie, le classificazioni e le teorie, ma le persone, qui ed ora. Che dono che ci lasci, Jack. Che lezione di vita che mi dai, e che meraviglioso amore hai seminato tra i tuoi fratelli e sorelle. “Non trasformerete un atto d’amore in una occasione per spargere odio”, scrivono quei nostri figli e figlie che sono la tua famiglia, la tua comunità. E io mi inchino, Jack, da vecchio che impara da te, da voi”.