Spettacolando – I Machine de Cirque rapiscono il pubblico del Teatro Comunale di Vicenza
E’ graditissimo il ritorno per il secondo anno consecutivo al Teatro Comunale di Vicenza dei Machine de Cirque.
Il 15 febbraio i performanti artisti canadesi, con il loro nuovo spettacolo “La Galerie”, hanno scombussolato i principi della fisica, i limiti umani e la quiete vicentina.
Che fossero famosi in tutto il mondo per le loro raffinate creazioni di circo contemporaneo lo sapevamo già: questo ha portato il pubblico ad un sold out annunciato ma ha alzato le aspettative. E le aspettative sono spesso sinonimo di delusione.
Quella serie di nuvolette che annebbiano il cervello e costruiscono quei: “tutto qui”? “E questo cosa mi rappresenta”? “Bravi…però i Momix sono un’altra cosa…e Le cirque du Soleil, poi neanche da paragonare”.
Gli artisti li sentono gli occhi puntati addosso, quelli di chi è pronto a criticare perché non è stato stupito abbastanza.
I Machine de Cirque hanno iniziato quasi in modo provocatorio, con una presenza sul palco quasi statica, come fossimo di fronte a una rappresentazione di Čechov. E le nuvole sono scomparse in un attimo, l’attimo preciso in cui hanno rapito la nostra attenzione.
Non è chiaro come ci siano riusciti: l’eleganza dei piccoli gesti, forse, o la precisione degli stessi. La presenza sul palco, che è diventato un tutt’uno con loro.
Da quel momento in poi, da quando hanno capito di averci presi tutti, nessuno escluso, è iniziata la danza: che non si può raccontare. Non si può descrivere la tensione di un salto, la leggerezza con cui un uomo si caricava altri due uomini sulle spalle, ma non come a dire quanto sono bravo, quanto sono forte.
Forse volevano dirci che possiamo portare sulle spalle ciò che vogliamo, se quello a cui miriamo è l’equilibrio, o quella strada impervia che ci porta a testare i limiti umani, solo per il gusto di poterli superare. Caricare un peso per poterci sentire più leggeri, dopo, quando non c’è più. O chissà, solo per puro gioco. Perché è anche questo il circo, puro divertimento. O no?
Paolo Tedeschi