Suicidio di Grisotto in carcere, la Procura indaga: il pm aveva chiesto di sorvegliarlo
Cinque ore e cinque domande, dietro il suicidio di Gelindo Renato Grisotto, omicida reo confesso di Mario Walter Testolin, il 68enne di Marano Vicentino ucciso ieri con due colpi di fucile nella strada a pochi passi dalla sua abitazione in via Molinetta.
Una vicenda che assume aspetti sempre più terribili, per due famiglie ma anche per le istituzioni: da un lato infatti il problema dell’aggressività di Grisotto era noto a forze dell’ordine e servizi sociali da tempo, dall’altro l’istituzione carceraria – che dipende dal Ministero di Giustizia – non ha saputo garantire l’incolumità della persona fermata.
Come può infatti un soggetto preso in custodia da un istituto penitenziario, peraltro da poche ore, togliersi la vita senza che nessuno si accorga di niente? Come ha fatto a trovare il modo di farlo? Perché non era sorvegliato, dato che nel loro rapporto i carabinieri ne avevano segnalato la fragilità psicologica? La situazione psichiatrica del 53enne Grisotto era compatibile con il carcere? Ancora: perché non è stato possibile evitare un omicidio quasi annunciato come quello di Testolin, dati i precedenti casi di aggressione del muratore all’artigiano in pensione e a sua moglie e alle minacce a cui erano sottoposti? Perché una comunità non è riuscita ad evitare l’omicidio a freddo e deciso in precedenza di Testolin?
Il suicidio. Dopo ore di interrogatorio, Grisotto ieri verso sera nella caserma dei carabinieri di Thiene aveva confessato l’omicidio e a mezzanotte passata da venti minuti era entrato nella casa circondariale “Del Papa” di Vicenza, dopo che la Procura della Repubblica di Vicenza aveva emesso un provvedimento di fermo di indiziato di delitto con l’accusa di omicidio premeditato. Nel corso dell’interrogatorio in caserma da parte del sostituto procuratore Jacopo Augusto Corno e dei carabinieri, vi era stato uno specifico approfondimento, spiega oggi la Procura in una nota, sia rispetto alle cause della condotto di Grisotto (per gli investigatori apparentemente sproporzionata rispetto alla scelta di uccidere) sia rispetto ad eventuali patologie e disturbi psicologici e/o comportamentali a cui il fermato avrebbe potuto essere soggetto, avuto riguardo anche alla situazione familiare (il 53enne è sposato con due figlie, sebbene di fatto, hanno appurato gli investigatori, vivesse in casa separato dai familiari).
E’ stato lo stesso Grisotto, durante l’interrogatorio ad aver dichiarato di non essere sottoposto a trattamenti terapeutici o farmacologici per disturbi comportamentali. I militari dell’Arma ieri pomeriggio ne hanno anche avuto conferma dal suo medico curante, sentito in merito: aveva loro spiegato, infatti, di avere visitato l’uomo alcuni anni fa per disturbi depressivi e di avergli prescritto un consulto presso un centro specialistico, senza che però il 53enne avesse dato seguito all’indicazione clinica. Anche per questo il magistrato – spiega sempre la nota della Procura – aveva dato disposizione ai militari dell’Arma di segnalare al personale della casa circondariale berica, al momento dell’ingresso, la situazione di fragilità psicologica di Grisotto e l’esigenza, quindi, di sottoporre a sorveglianza il detenuto. Tanto che in quello che in gergo giudiziario viene chiamato “biglietto di carcerazione”, redatto dal Nucleo Operativo Radiomobile dei carabinieri di Thiene, tale necessità era messa nero su bianco.
Cosa sia accaduto fra le mezzanotte e venti e le cinque di questa mattina al momento non è dato a saperlo. Quello che è certo è che proprio alle cinque gli agenti della polizia penitenziaria – sempre secondo il comunicato della Procura – hanno segnalato al medico di guardia che il maranese era stato trovato appeso, usando i pantaloni, ad una trave del vano doccia, all’interno della cella. Il corpo è stato quindi tirato giù e disteso dallo stesso medico con l’aiuto degli agenti: presentava segni evidenti di strozzamento al collo da impiccagione e non dava alcun segno di reazione agli stimoli verbali e del dolore. Presentava inoltre tracce di sangue sulla bocca e sulla maglietta. Il sanitario ha quindi provato a praticare il massaggio cardiaco, utilizzando anche il defibrillatore, ma inutilmente. Dopo l’ intervento del personale del Suem 118, alle 5,45, è stato dichiarato il decesso. Nel corso della mattinata si sono poi svolte sempre in carcere le prime indagini su quanto accaduto: i militari del Reparto Operativo della Comando provinciale dei carabinieri, con il coordinamento del pm Corno che segue anche l’indagine per l’omicidio, hanno acquisito rilievi fotografici, documenti ed assunto informazioni con l’obiettivo di ricostruire le ultime ore di vita del 53enne dopo il suo ingresso in carcere ed accertare eventuali omissioni e negligenze. Nelle prossime ore sarà disposta anche l’autopsia sul corpo dell’uomo.
L’omicidio. Intanto si delineano i contorni di quanto avvenuto ieri mattina: contro Testolin sono stati sparati due colpi d’arma da fuoco, esplosi da un fucile di fabbricazione artigianale, assemblato dallo stesso Grisotto circa un anno fa. Gli investigatori hanno stabilito che il primo sparo ha raggiunto il 68enne alla schiena (con ogni probabilità la vittima in questa fase era di spalle rispetto all’omicida) e successivamente al torace, colpendo organi vitali. L’ara era stata trovata dai militari ancora all’interno dell’auto di Grisotto. Secondo la prima ricostruzione, poi confermata dallo stesso 53enne nel corso dell’interrogatorio, a scatenare l’intenzione di uccidere Testolin erano stati i contrasti tra i due, legati alla vendita di un terreno agricolo (da parte di Grisotto), che era finiti anche davanti a un giudice in sede civile.
Nella serata di ieri, dopo gli accertamenti per rilevare i residui dello sparo su Grisotto e i suoi abiti e dopo l’audizione delle persone informate sui fatti, è partito in caserma a Thiene l’interrogatorio davanti al pm. Durato tre ore, ha visto la confessione dell’uomo, che ha ricostruito con lucidità e precisione i vari momenti: Grisotto ha raggiunto con l’auto Testolin lungo la strada mentre la vittima stava caricando una cisterna collegata al trattore. Era già deciso a usare la sua rudimentale arma da fuoco, che aveva portato con sé insieme a quattro munizioni. Prima degli spari, poche parole sull’antico e mai sopìto rancore per quelli che lui riteneva torti legati al contratto di compravendita e alla vertenza giudiziaria intrapresa dal Testolin nei suoi confronti. Una rabbia cieca, covata da tempo, che non voleva sentire le ragioni dell’altro. Ed è sfociata in una doppia tragedia.