Truffa da 190 mila euro: sequestrati casa e Rolex a due imprenditori
Due orologi di grande valore, due immobili, quote societarie: tutto sotto sequestro. Al termine di un’articolata indagine avviata in materia di accesso agevolato ai finanziamenti bancari, i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle Fiamme gialle di Vicenza, in esecuzione di un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari su proposta della Procura, hanno sottoposto a sequestro preventivo beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 190mila euro nei confronti di due imprenditori che si occupano di commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi e della società da loro rappresentata, con sede nel Vicentino, indagati per falso in bilancio, truffa ai danni dello Stato e responsabilità amministrativa della persona giuridica.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Vicenza, hanno consentito di appurare che Z.I., (49 anni bresciano), e C.M., (47 anni vicentino), attraverso la società che gestiscono, simulando un “versamento in conto capitale”, hanno indebitamente avuto accesso ad un finanziamento erogato da un istituto di credito in assenza di proprie garanzie private, sul presupposto della concessione, invece, di una “garanzia pubblica” costituita dal “Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese” previsto dalla legge 662 del 1996.
La falsa rappresentazione contabile, alterando il “merito di credito” attribuito, dalla sola banca finanziatrice, alla società mediante una procedura semplificata, senza la necessità di ulteriori controlli da parte dell’ente deputato alla gestione del Fondo di Garanzia, oltre a consentire la contestazione del reato di “falso in bilancio”, ha comportato che agli stessi imprenditori venisse inoltre contestato anche il reato di “truffa in danno dello Stato”, conseguente all’incasso da parte dellabanca della garanzia pubblica, una volta accertata l’insolvenza societaria per il reiterato mancato pagamento delle relative rate.
In relazione a questi reati, inoltre, è stato possibile attribuire alla società su cui si stava indagando, in assenza della predisposizione dei “modelli organizzativi” (necessari a prevenire simili condotte), la “responsabilità amministrativa degli enti”, prevista dal decreto legislativo 231 del 2001.