Lavoratrici risarcite: Viacqua e Cgil in disaccordo dopo la sentenza sull’impiego in appalto
Le sigle sindacali afferenti a Cgil rivendicano una “vittoria” in seguito a una vertenza su tre lavoratrici dipendenti “indirette” di Viacqua, sfociata in una sentenza recente del Tribunale di Vicenza, mentre la stessa società di gestione delle risorse idriche smentisce la ricostruzione altrui e precisa che nessun “danno” ricade sulla società partecipata. In mezzo, la posizione di Cooperativa Alveare, impresa di servizi per la quale lavoravano tre donne incaricate con mansioni di back al pubblico negli sportelli di Dueville e Camisano nel periodo di tempo che va dal 2016 al 2022. Unica certezza: il trio di ex dipendenti, al di là del datore di lavoro formale o effettivo, ha vinto la causa ed attende di incassare ora le compensazioni in denaro e i trattamenti di fine rapporto commisurati.
E’ necessario fare chiarezza e frasi largo tra le dichiarazioni in contraddittorio in seguito alla sentenza pronunciata a inizio settimana. Il tema è quello degli appalti di servizi ad esterni, attivi fino all’aprile 2022, con sospetti di una forma di manodopera non consona alla legislazione giuslavoristica, indirizzati all’ente di gestione delle risorse idriche. Il giudice del lavoro, Giulia Beltrame, valutata la causa presentata da uno studio legale padovano per conto delle tre donne, ha sancito che alle impiegate siano dovuti gli emolumenti richiesti. Le cifre in ballo non risultano note, ma si parla di decine di migliaia di euro. A “pagare” in prima istanza sarà Viacqua, in quanto titolare del servizio e tenuta dunque all’esborso come si evince dal disposto giudiziale.
A sua volta, però, la società vicentina avrebbe titolo pieno a recuperare le stesse somme rivalendosi direttamente alla cooperativa sociale. Nel comunicato diffuso ieri da Cgil Vicenza si fa riferimento esplicito a “somministrazione illecita di manodopera“. Così spiegata. “Anziché lavorare in autonomia per il raggiungimento delle finalità previste – si legge -, il personale fornito dalla cooperativa sociale era gestito a tutti gli effetti da Viacqua che chiedeva alle lavoratrici prestazioni lavorative non rientranti nell’appalto, programmava la formazione e voleva essere informata sui periodi di godimento delle ferie. Nella sostanza, quindi, si è definito che le lavoratrici erano a tutti gli effetti dipendenti di Viacqua ma ricevevano, in quanto lavoratrici in appalto, retribuzione più bassa rispetto a quella prevista dal diverso contratto nazionale applicato al personale dell’azienda partecipata. La sentenza, infatti, obbliga l’azienda a riconoscere le differenze retributive sulla base del proprio contratto, garantendo così un giusto compenso al personale coinvolto”. Il testo qui riportato in uno stralcio è firmato da Giuliano Ezzelini Storti (segretario di Filctem Cgil Vicenza), Stefano Bagnara e Andrea Campagnolo (segretari di Funzione Pubblica Cgil).
La replica giunta all’indomani, secondo quanto indicato nel comunicato alla stampa, mira a fornire “una corretta informazione all’utenza e a tutela della reputazione della società“, a fronte di una notizia definita come incompleto. “Attraverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Vicenza – si afferma – il giudice dispone, da un lato, il pagamento delle somme alle tre lavoratrici, ma condanna, altresì, la Cooperativa Alveare, alle dipendenze dirette della quale le tre hanno lavorato, a rifondere le stesse somme a Viacqua, che viene quindi tenuta indenne da ogni onere”.
Dichiarazioni che vanno in netto contrasto con quanto espresso in precedenza dai portavoce sindacali sul tema del contendere. “Spiace constatare – così Cgil – come frequentemente le aziende appaltatrici non siano in grado di garantire condizioni di lavoro dignitose. La precarietà diventa la norma, con contratti a termine, salari inferiori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi e mancanza di protezione sociale. I lavoratori, in questo contesto, si trovano a dover affrontare situazioni di vulnerabilità senza la possibilità di rivendicare i propri diritti”.
Giova specificare che, dal 2023 in poi, la politica aziendale ha mutato direzione, decidendo di assumere internamente il personale per questo tipo di sevizi, con contratti a tempo indeterminato. Pare che il trio di ex “impiegate indirette” non abbia partecipato ai bandi di assunzione. ” Viacqua ribadisce che la sentenza non ha stabilito responsabilità risarcitorie a proprio carico e conferma la volontà di proseguire sulla strada di valorizzare sempre più le risorse umane interne, patrimonio imprescindibile per il buon operato dell’intera società”. A Viacqua, però, spetta la corresponsione dei 2/3 delle spese legali.